Cass. Sezione Lavoro, 18 febbraio 2021, n. 4411
Dipendente pubblico- sospensione cautelare – mancata attivazione o conclusione del procedimento disciplinare – conseguenze.
Con la sentenza riportata la Cassazione afferma il principio secondo il quale “ogniqualvolta il procedimento disciplinare non venga attivato o portato a conclusione deve essere riconosciuto il diritto del dipendente sospeso in via cautelate, pur se cessato dal sevizio, alla restitutio ad integrum.”.
Nel caso di specie la Suprema Corte sulla base del carattere provvisorio e rivedibile della sospensione facoltativa disposta a carico di un dipendente a seguito di procedimento penale, ha chiarito che solo al termine del procedimento disciplinare è possibile stabilire se la sospensione preventiva applicata resti giustificata e debba sfociare nella destituzione o nella sospensione disciplinare, ovvero debba essere caducata a tutti gli effetti. In particolare, ogni qualvolta la sanzione disciplinare non venga inflitta o ne sia irrogata una di natura ed entità tali da non giustificare la sospensione sofferta sorge il diritto alla restitutio in integrum, che ha natura retributiva e non risarcitoria, e ciò a prescindere dalla espressa previsione della legge o della contrattazione collettiva. Si è ritenuto, dunque, che in caso di omissione del procedimento disciplinare anche l’eventuale condanna penale intervenuta nei confronti del dipendente non sia suscettibile di tenere ferma la sospensione cautelare dal servizio disposta in corso del procedimento penale e stabilita dalla amministrazione in via discrezionale, non potendosi ammettere una conversione della misura in una sanzione di identico contenuto.